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L’evoluzione della frutta e della verdura: Madre Natura o l’uomo?

  • Anna Crippa
  • 4 ago 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Se dovessimo pensare a quanti tipi di frutta e verdura mangiamo ogni giorno, probabilmente passeremmo qualche ora prima di rimanere a corto di idee. È quindi tutto merito di Madre Natura se possiamo godere di tutte queste varietà? Non esattamente…

In un presente in cui si discute di OGM, la genetica dei nostri alimenti è, in realtà, in continua evoluzione da millenni e dietro c’è spesso stata la mano dell’uomo.


L’anguria che conosciamo oggi, ad esempio, non è sempre stata così rossa, succosa e quasi priva di semi. Nelle “nature morte” di Giovanni Stanchi, pittore italiano del Seicento, possiamo notare un frutto molto meno colorato, ricco di semi e con una struttura molto più fibrosa di quella che vediamo sulle nostre tavole: probabilmente una varietà selvatica, precedente ai processi di coltivazione, addomesticazione e selezione genetica che l’uomo ha messo in atto nel corso dei secoli.

La carota, in origine, era una radice bianca e molto meno succulenta, diffusa in Persia e Asia Minore già dal X secolo. Portata in Europa è gradualmente diventata l’ortaggio che conosciamo oggi proprio grazie alla selezione da parte dell’uomo, anche se in un primo momento i colori più diffusi erano il bianco o il viola. Si è rifatta il look alla fine del 1600 in Olanda, quando, per rendere omaggio alla dinastia degli Orange il cui colore simbolo era appunto l’arancione, i contadini iniziarono a selezionare i semi che producevano l’ortaggio con quel colore caratteristico, che poi è arrivato fino a noi.


L’uomo ha quindi solo selezionato perfezionando le verdure? La risposta è no, ne ha inventate anche di nuove. Cavoli, broccoli, cavolfiori, verze, cavoli cappuccio, non li avremmo mai trovati in natura. Sono infatti il frutto di anni di sperimentazione su un’unica pianta originaria: la Brassica Oleracea.


Infine, quando la prossima volta gusteremo una spremuta di arance di Sicilia IGP, staremo bevendo il frutto di anni di selezioni naturali, ibridazioni occasionali e mutazioni spontanee. Tutti gli agrumi, infatti, originano da tre principali piante: il cedro che proverrebbe dal nord-est dell’India e della Birmania (Myanmar), il pummelo -o pomelo- dal sud-est della Cina, dall’Indocina (Laos, Cambogia e Vietnam) e dalla Malesia e il mandarino dal sud-est della Cina. Le conquiste di Alessandro Magno, l’espansione dell’Islam, le Crociate, la scoperta dell’America hanno contribuito alla propagazione degli agrumi dalle loro aree di origine ad altre dove le condizioni erano favorevoli per il loro sviluppo. Ed è così che, nel tempo, siamo arrivati ad avere prodotti di qualità autoctoni e caratteristici di una determinata regione, tanto da avere un disciplinare ben preciso ed essere riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea.




1 Comment


Nadia De Agostini
Nadia De Agostini
Aug 06, 2020

Fantastico! 🤩 Il processo di domesticazione dell’uomo sulle piante è un tema affascinante! Se guardassimo oggi il Teosinte non lo riconosceremmo neppure come predecessore del Mais. L’uomo ha forse agito contro natura o con la natura? 😉

Solo a vedere i quadri seicenteschi citati nell’articolo ci si accorge di quanta strada han fatto quei geni…! E a proposito di arte nella scienza, vi consiglio anche la collezione pomologica “Garnier Valletti” (1808-1889): l’enorme varietà agro-biologica così dimostrata, oggi acquista un importante valore storico-scientifico. 🍏🍎🍐🍇

http://illustrati.logosedizioni.it/numeri/21/museo-della-frutta-francesco-garnier-valletti/

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