Dominare o Custodire?
- Anna Crippa
- 21 set 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Intorno agli anni Sessanta, quando l’umanità sentiva di aver preso in mano il proprio destino e di poterlo orientare verso una meta comune (anche grazie all’azione di leader indimenticabili), tra i teologi e gli uomini di chiesa circolava indiscussa l’idea che l’uomo era stato costituito dal Creatore come il dominatore del mondo, di modo che tutto era stato posto al suo servizio. “E domini …”: queste parole della Bibbia, che sembravano conferire all’uomo pieni poteri di fare e disfare a suo piacimento, erano ripetute con orgoglio; si diceva che proprio il cristianesimo aveva introdotto nella mentalità dell’uomo quell’atteggiamento, tipico dell’occidente, da cui aveva potuto prendere avvio il dominio tecnico del mondo, il progresso, insomma. E anche il mondo laico degli intellettuali su questo punto non lesinava elogi alla chiesa, per convinzione, certo, ma forse anche perché gli uomini di chiesa conservavano ancora un buon peso politico.
Vennero poi gli anni Settanta, con la contestazione globale, la crisi ecologica, la consapevolezza dei limiti. In un attimo tutto fu ribaltato. La fede cristiana venne posta sul banco degli imputati; fu processata e per lei il verdetto fu tragico: colpevole! Colpevole di aver instillato nell’uomo occidentale la mentalità dello sfruttamento indiscriminato; colpevole di aver dato semaforo verde ad ogni attività di devastazione. Quello che fino a poco prima era un titolo di merito, in breve era diventato un marchio d’infamia. Cominciarono ad andare per la maggiore filosofi che già l’avevano detto in tempi non sospetti; furono riabilitati hippy e personaggi alternativi di ogni genere. E a dare addosso al cristianesimo questa volta ci furono anche scienziati e politici, che certo avevano le loro buone ragioni, ma che forse risultarono un po’ precipitosi a girare la casacca.
Per i teologi fu necessario fermarsi a pensare. Ma davvero era il stato il cristianesimo a dare via libera a questo atteggiamento di rapina? E come sempre, bastò rileggere con calma i testi per scoprire che le cose stavano diversamente; in effetti, negli anni Sessanta l’umanità era tutta concentrata su se stessa, e forse questo aveva condotto gli uomini di chiesa a letture scontate e frettolose delle pagine bibliche. Con vero stupore i teologi si resero contro che il Creatore pose l’uomo nel giardino affinché lo coltivasse e lo custodisse. Custodire: che splendida espressione! Che non è neanche, semplicemente, conservare. Vuol dire che tu sei qui per prenderti cura con tenerezza, perché sei l’unico che lo può fare; e così ne diventi responsabile. Se c’è un atteggiamento opposto a quello del dominio, è proprio questo. Davvero non c’è contrasto tra teologi ed ecologisti.

Se in passato ci furono degli equivoci, ora non può più essere così. Certo, politici inquietanti che reggono i destini del mondo di qui e di là dell’Atlantico, legati a doppio filo agli interessi dei grandi gruppi economici (pur facendosi passare chissà come per uomini del popolo), si fanno vedere con la Bibbia sotto il braccio e al contempo sostengono quel principio del dominio senza limiti. Mi spiace per loro, ma è tempo di aggiornarsi.
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